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Crescite difficili. La Gestalt incontra il trauma

-Anna Fabbrini

Il testo affronta il tema del trauma relazionale. Prende in esame la relazione di cura basata sul potere e i suoi effetti distruttivi sulla crescita cognitiva ed emotiva della persona, privata del riconoscimento identitario. Gli strumenti della psicoterapia della Gestalt, la ricostruzione autobiografica e l’elaborazione della memoria corporea, si sono rivelati efficaci per generare nuove matrici di dipendenza fiduciosa in grado di riparare il danno.

(…)

La crescita sana

In una crescita sana la relazione genitore-figlio generalmente è caratterizzata da una dominanza di benevolenza, tanto che l’amore materno e genitoriale è il paradigma stesso di tutte le forme di amore. Il bambino viene al mondo biologicamente e psicologicamente dipendente con un bisogno assoluto di cure per la sua sopravvivenza e il rapporto di accudimento non riguarda solo il fatto di stabilire una buona relazione affettiva, ma ha una portata che potremmo definire ecologica, in quanto genera mutamenti positivi anche nell’intero ambiente dentro il quale il bambino è immerso con tutte le altre presenze (cfr. Bollas, 1989).

Una buona relazione di cura attraverso lo scambio di affetti e premure, non influenza solo la relazione ma è produzione culturale. È la creazione di un intero mondo di valori, significati e legami estesi. La relazione di cura diventa così la matrice della bontà del mondo, oltre che costruire il fondamento della fiducia primaria.

Anche se oggi siamo propensi a vedere il bambino come un essere fin da subito competente, interattivo, e relazionale, nessuno negherebbe che si trova in una posizione strutturalmente asimmetrica e totalmente dipendente in quanto la relazione tra il genitore e il piccolo è caratterizzata per sua natura, dalla presenza di ampio spazio di potere da parte dell’adulto.

È evidente che in una crescita sana questo potere viene interamente messo al servizio della cura e lo scambio che si stabilisce è abitato, oltre che dall’amore, dal senso etico che il piccolo è una persona degna di rispetto, è portatore di una sua individualità.

Questa forma di contatto, che mantiene per lungo tempo l’asimmetria che lo caratterizza – questo processo, nella nostra cultura dura almeno un ventennio – si fonda sul rispetto della persona, dicevo, non malgrado, ma proprio grazie al giusto riconoscimento della dipendenza che determina i ruoli diversi.

L’adulto esplica il suo compito attraverso l’affetto e la protezione, ma anche attraverso gli interventi correttivi, educativi, il dare le regole e il fornire tutte le forme di insegnamento e trasmissione della conoscenza del mondo. Il potere dell’adulto è dunque la messa in atto di quello che Hillman (2009) chiama il potere sottile, che compara a quello del giardiniere che coltiva e fa crescere e che negli esseri umani, coltiva e fa crescere la creatività, la disposizione ad apprendere dall’esperienza, il senso della fiducia, della giustizia, della speranza e del coraggio, la capacità di riparazione, il sogno e il desiderio.

Del potere si parla troppo poco in psicologia perciò mi ha molto colpito quella che ritengo essere una delle definizioni più belle che ho incontrato riguardo all’obiettivo della psicoterapia della Gestalt: «Il massimo scopo della terapia della Gestalt è di volgere le relazioni di potere in relazioni d’amore» (Portele, 1995, p. 58).

In questo contesto, la parola amore evoca non semplicemente un moto del cuore, ma presenza di una costellazione articolata di sentimenti e di principi etici come: il rispetto, l’ascolto, la disposizione a valorizzare la diversità anche in presenza di un eventuale conflitto, volgendolo a confronto, ad argomentazione o negoziato, assumendo che l’altro sia portatore di una mente e di una dignità così come noi abbiamo una nostra mente e una nostra dignità.

(…)

Tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXVII, 2014/2, La psicopatologia in psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di Psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli, pag. 81

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Crescite difficili. La Gestalt incontra il trauma

– Anna Fabbrini.

L’articolo affronta il tema del trauma relazionale. Prende in esame la relazione di cura basata sul potere e i suoi effetti distruttivi sulla crescita cognitiva ed emotiva della persona, privata del riconoscimento identitario. Gli strumenti della psicoterapia della Gestalt si sono rivelati efficaci per generare nuove matrici di dipendenza fiduciosa in grado di riparare il danno.

Introduco con le parole di una mia paziente che mi hanno ispirato il titolo:

Quando qualcuno mi chiede …
dico che ho avuto una vita difficile … Tanto per dire qualcosa.
Nessuno potrebbe comprendere
il terrore in cui sono cresciuta …

Ho scelto di parlare delle crescite difficili per portare una testimonianza del mio lavoro clinico di questi anni con persone che hanno subìto dei traumi in età infantile. Nel condividere queste mie riflessioni, mi propongo anche di fare qualche collegamento tra la teoria evolutiva di riferimento e la pratica clinica gestaltica. E questa è anche un’occasione per meditare su uno dei mali del nostro tempo, non certo nuovo, un male antico che oggi prende grande visibilità. Mi riferisco alla violenza morale e fisica verso i piccoli che è molto più presente di quello che pensiamo e che sentiamo così sconcertante quando arriva a diventare fatto di cronaca. Sullo sfondo, meditiamo anche su un altro male del nostro tempo: la pressione sociale alla felicità e la rimozione del dolore.

E dedico questo intervento a tutte quelle persone che sono stati bambini cresciuti nella solitudine e nel terrore.

Il trauma

Un trauma – dice Winnicott (1996) – «è una frattura nella continuità dell’esistenza dell’individuo (…) ed è solo grazie al senso di continuità dell’esistenza che può realizzarsi, nella persona, il senso di sé, del sentirsi reali e dell’esistere» (p. 13). Questa frattura d’esistenza può essere causata da un evento puntuale, come un incidente o una perdita improvvisa e produce, in questo caso, quel complesso sintomatico conosciuto come Sindrome da Stress Post Traumatico (DPTS).

In questa sede, però, farò riferimento a un altro tipo di trauma, quello che deriva dalla inadeguatezza del sistema delle cure primarie, quando cioè l’ambiente familiare è privo dei requisiti idonei all’accoglimento e alla protezione dei figli, al loro accudimento e alla trasmissione del sapere relazionale e culturale. In questo caso parliamo di crescita traumatica o Disturbo Post Traumatico da Stress Complesso (DPTSc) che è di natura relazionale.

A questo punto della stesura del mio testo, cercavo qualche esempio per darvi un’idea del tipo di problemi di cui parlo e mi sono venuti in mente volti e storie di adulti che ho incontrato.

Ho pensato a Maria, nata non voluta da una madre intellettuale che si sentiva rovinata dalla maternità, che per tutta la vita ha rimpianto una carriera fallita causata – a suo dire – dalla presenza dei figli. Affidata alla nonna fino all’età di quattro anni, per tutta la sua vita si è sentita ripetere: «Io i figli non li volevo… era meglio se non nascevi».

Ho pensato a Lucia, anch’essa allontanata da casa, figlia di una coppia simbiotica che la sentiva minaccia dell’intimità coniugale. Come conforto alle sue incertezze adolescenziali riceveva dalla madre frasi come: «Bisogna che tu accetti la verità… sei brutta. Non potrai piacere mai a nessuno… nessuno ti vorrà».

Ho pensato a Renata, abusata dal padre che le diceva col fiato sul collo: «Questo non è mai successo. Se lo dici ti ammazzo»… mentre nella stanza a fianco la mamma – maniaca dell’ordine e della pulizia – passa l’aspirapolvere per non sentire il rumore… (…)

E ho pensato ad altri ancora. Storie diverse, ma con un aspetto in comune: l’uso malvagio e perverso del potere dell’adulto sul bambino. Per affrontare un tema di questa complessità ci sono tante direzioni possibili. Io ho scelto di seguire il filo di una riflessione concentrandomi sulla deviazione della naturale disparità tra genitore e figlio quando, invece di esprimersi come cura, prende la direzione dell’assoggettamento, della manipolazione.

(…)

L’articolo approfondisce i seguenti temi:

  • la crescita sana
  • la crescita traumatica
  • limen
  • linee dell’azione terapeutica

 

Articolo tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXVII, 2014-2, La psicopatologia in psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt, edita da FrancoAngeli, pag. 81

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