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Carta del Docente: come utilizzarla con l'Istituto di Gestalt HCC Italy

Come funziona la Carta del Docente?
Ad ogni docente sono assegnati 500 Euro attraverso l’applicazione web “Carta del Docente” disponibile ai docenti all’indirizzo cartadeldocente.istruzione.it;
per registrarsi sull’applicazione e utilizzare la “Carta del Docente” è necessario ottenere l’identità digitale SPID. È possibile richiedere le credenziali SPID presso uno dei gestori accreditati (http://www.spid.gov.it/richiedi-spid);
attraverso l’applicazione ogni docente potrà generare dei “Buoni di spesa” per l’acquisto, presso gli esercenti ed enti accreditati, di prodotti editoriali, corsi di formazione, e altri servizi che rientrano nelle categorie previste dalla legge;
i 500 euro della Carta del Docente possono essere spesi in qualunque momento, durante tutto il corso dell’anno scolastico.
Chi ha diritto ai 500 Euro previsti dalla formazione continua dei docenti?
Tutti i docenti di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di II grado.
Cosa posso acquistare presso l’Istituto di Gestalt HCC Italy con la Carta del Docente?
E’ possibile utilizzare il Bonus per:
– partecipare a corsi di aggiornamento e di qualificazione professionale (visualizza tutti i corsi);
– per acquistare libri, testi, riviste e pubblicazioni utili all’aggiornamento professionale (visualizza tutte le pubblicazioni);
Quando si possono spendere i 500 euro?
Nel corso dell’intero arco dell’anno scolastico, cioè dall’1 settembre al 31 agosto.
Il bonus dei 500 euro vale anche per gli insegnanti delle scuole paritarie?
No. Come specificato dalla legge, ne hanno diritto tutti i docenti di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di II grado.
 

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now-for-next

Parliamo del Now-for-next

Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-modernaSpagnuolo Lobb M. (2011).
-Giuseppe Sampognaro

Il libro di Margherita Spagnuolo Lobb, direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, è stato dato alla luce dopo un travaglio assai lungo, segnato da vicende personali e professionali anche dolorose. Alla fine, la caparbietà dell’Autrice – che tra i tanti meriti ha anche quello di avere introdotto la PdG in Italia, più di trent’anni fa – è stata premiata. Valeva davvero la pena di attendere tanto: è venuta fuori un’opera che sicuramente segna un passaggio importante nella definizione dei concetti teorici (alcuni davvero innovativi) e metodologici, su cui il lavoro di ogni psicoterapeuta della Gestalt è basato.

Incarnando in modo letterale l’idea portante espressa dal titolo, il contenuto del libro ci indica le linee attuali e le prospettive future del nostro modello, e “ci costringe” a interrogarci sull’essenza stessa del nostro lavoro: i principi che guidano l’approccio alla persona che ci chiede aiuto, la magìa dell’incontro terapeutico, le varie declinazioni e i contesti della pratica clinica (setting individuale, di coppia, di famiglia, di gruppo…), il significato profondo dell’essere terapeuta della Gestalt all’interno di una società palesemente diversa da quella per la quale fu elaborata la visione gestaltica del prendersi cura.

Nel testo di Margherita è palpitante l’inclinazione narrativa (lo dichiara il sottotitolo: “La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-moderna”) per cui assistiamo al delinearsi della nostra storia attraverso il trascolorare della visione del rapporto tra individuo e ambiente, della conoscenza umana, di come perseguire l’obiettivo del benessere. Il lettore apprende, attraverso il racconto di Margherita Spagnuolo Lobb, il clima culturale in cui l’idea gestaltica prese corpo circa sessant’anni fa e le sue trasformazioni nel tempo, grazie al contatto con altre chiavi di lettura psicologica (come la psicoanalisi radicale: stimolante a tale proposito il dialogo riportato nel secondo capitolo con Philip Lichtenberg) e, più in generale, con un pensiero “liquido” che muta gli intenti e il campo terapeutico: dall’ottica della differenziazione alla riscoperta del dialogo e dell’appartenenza.

I punti fermi del corpus teorico gestaltico sono enunciati nell’Introduzione, che di per sé equivale a un manifesto ideologico della psicoterapia della Gestalt: il passaggio dall’intrapsichico alla “traità”; la sovranità dell’esperienza; la rivalutazione dell’aggressività positiva; la lettura teleologica del contatto e del confine di contatto; il valore estetico della terapia; la ridefinizione del processo di figura/sfondo. Tutto questo, all’interno di una cornice teorica ancorata alla fenomenologia del contatto per cui, dice Margherita Spagnuolo Lobb, “se l’attenzione del terapeuta è rivolta all’here-and-now, la sua cura è centrata sul now-for-next”.

Tra i dieci capitoli di cui si compone l’opera, tutti indispensabili per il terapeuta, esperto o in itinere, che desideri approfondire il senso del proprio agire, vorrei citarne due per motivi differenti. Quello dedicato alla prospettiva evolutiva mi sembra il più nuovo, denso com’è di concetti che meritano di essere assimilati nel tempo, anche attraverso il dialogo tra colleghi: muovendosi in un’ottica intersoggettiva, ingloba nel pensiero gestaltico la lezione di Daniel Stern, sostituendo il concetto di sviluppo fasico con quello di “sviluppo polifonico di domìni”; quest’ultimo prevede l’emergere di competenze ben differenziate, che si sviluppano lungo l’arco della vita interagendo tra loro. Tutto questo si rivela divergente rispetto al modello evolutivo finora considerato nell’Istituto HCC; un modello che sino ad oggi ha identificato le modalità di contatto sincronico (introiettare, proiettare ecc.) come le “fasi da raggiungere in sequenza diacronica per conquistare la maturità relazionale”.

Margherita, in sostanza, prende le distanze dalla costruzione di mappe epigenetiche delle fasi maturative. Un’idea che, sicuramente, susciterà un dibattito tra chi ha sempre considerato valido il parallelismo tra tempi/modi di contatto e tappe dello sviluppo psicorelazionale del bambino. Un’ottima occasione – comunque – di confronto, uno stimolo a non dare per scontata la onnicomprensività con cui il “modello della curva” è stato da noi strenuamente applicato.

Il capitolo a mio parere più succoso e portatore di ricadute positive per il nostro lavoro di terapeuti in continuo aggiornamento è il quarto, dedicato a now-for-next e diagnosi gestaltica. Attraverso l’analisi dei vari stili narrativi che scaturiscono da specifiche modalità di contatto (narrazioni terapeutiche con stili di contatto introiettivo, proiettivo, retroflessivo, confluente), Margherita Spagnuolo Lobb rileva la creatività intrinseca al racconto in terapia come accadere processuale. Al contempo, presenta le modalità che il terapeuta attua nel sostenere l’intenzionalità di contatto nelle varie tipologie di stili relazionali.

Il capitolo si configura come un ottimo e quanto mai opportuno update dello “storico” articolo che la stessa Autrice pubblicò sul numero 10/11 dei Quaderni di Gestalt, più di vent’anni fa (“Il sostegno specifico nelle interruzioni di contatto”). È un capitolo che, da solo, conferisce valore e significato all’intero testo. In queste pagine leggiamo l’esperienza del terapeuta che “vede” la resilienza del paziente, la valorizza, e aiuta la persona a indirizzare il proprio adattamento creativo verso la spontaneità a partire da quel suo modo, specifico e originale, di muoversi al confine di contatto con l’Altro.

Il capitolo sette presenta un apprezzato modello di lavoro con le coppie, che l’autrice ha introdotto in vari contesti internazionali e in Italia.
Il capitolo otto descrive un modello originale di lavoro con le famiglie.
Il capitolo nove presenta il modello di lavoro gestaltico con i gruppi, mentre il capitolo dieci applica l’approccio con i gruppi all’esperienza formativa.

Un’ultima annotazione sul capitolo conclusivo, che rappresenta un vero tributo d’amore da parte dell’Autrice nei confronti dei suoi vecchi e nuovi allievi; in fondo, il libro è rivolto a loro, e forse per loro è stato scritto.

Oltre all’idea di processo formativo come destrutturazione della materia-psicoterapia e passaggio dalla confluenza con il didatta alla differenziazione consapevole (Margherita aveva già prodotto studi e lavori sulla centralità della “masticazione” nell’iter di apprendimento), la novità, piuttosto, è l’enfasi sull’etica dell’appartenenza e dell’apertura all’altro, al nuovo, al diverso.

In una società segnata dal crollo delle certezze e dai conflitti inter (e intra) individuali, sposare la causa dello “stare con l’altro” educandosi al senso di responsabilità e all’etica della relazione mi appare come un messaggio forte e nobile, coraggioso e gravido di speranza.

Una speranza che anche a noi terapeuti talvolta vacilla. Libri come questo hanno il benefico effetto di rinnovarla e corroborarla.

Daniel Stern: possibilità inesausta di confronto e dialogo

I Quaderni di Gestalt si raccontano: 2013-2

Questo numero dei Quaderni di Gestalt è dedicato ad un grande maestro e amico scomparso nel novembre 2012, Daniel Stern. Con lui l’Istituto di Gestalt HCC ha intessuto nove anni di dialogo fecondo, grazie alle sue docenze presso la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia, alla sua disponibilità al confronto, all’apertura verso linguaggi diversi. La sua vicinanza ci ha spronati a crescere e a trovare modi sempre più fenomenologici di descrivere ciò che facciamo.

Al di là del dialogo con gli psicoterapeuti della Gestalt, Stern ha rappresentato, per il mondo della psicologia evolutiva e della psicoterapia in genere, la nascita di qualcosa che fa una differenza nella storia: uno sguardo che integra molte delle prospettive emerse negli ultimi decenni in una Gestalt armonica, una proposta teorica destinata a generare significativi sviluppi in diversi ambiti, non solo nella psicoterapia e nella psicologia ma anche nell’arte e negli approcci che hanno a che fare con il movimento corporeo.

Per quanto ci riguarda, le ricerche e gli studi di Daniel Stern hanno consentito al nostro Istituto di riformulare concetti fondamentali della teoria della psicoterapia della Gestalt, e di sviluppare aspetti teorici e clinici importanti, come la prospettiva evolutiva e la co-creazione dell’incontro terapeutico.

Nel pensare questo numero a lui dedicato, da uno sfondo di gratitudine e di affetto, ci siamo chiesti quali domande animerebbero ancora il nostro dialogo con lui. Per esempio, considerando il tentativo di Stern di applicare i risultati della infant research alla terapia degli adulti, come possiamo definire il suo specifico contributo alla psicoterapia odierna?


Stern considera l’esperienza del “momento presente” come il cuore del pro
cesso terapeutico e focalizza la sua attenzione sugli aspetti fenomenologici ed estetici della relazione terapeutica. In quale epistemologia possiamo collocare questo contributo alla psicoanalisi certamente innovativo?

Se i now moment sono imprevedibili, e se ciò che il terapeuta fa quando questi momenti cruciali si presentano dipende dalla sua capacità di stare nella relazione, da ciò che lui “è” piuttosto che da ciò che “sa”, quali risvolti immaginiamo per l’insegnamento della psicoterapia?

Secondo i fondatori della psicoterapia della Gestalt, quando l’individuo vive l’esperienza in maniera piena e spontanea, sperimenta, proprio da questa totalità percepita dell’incontro con l’altro, la nascita del sé, i confini della propria individualità. Stern contesta l’esistenza di una prima fase autistica nello sviluppo psicologico del bambino, che già alla nascita, a suo avviso, è capace di entrare in relazione con la madre. Possiamo affermare, allora, che lo sviluppo psicologico non consiste nel riuscire a separarsi e individuarsi, bensì nel diventare sempre più capaci di relazionarsi, o, in altri termini, nel diventare sempre più capaci di sperimentarsi come un sé nell’incontro co-creato?

Queste domande emergono dalle idee, ricche di futuro, che Daniel Stern ci ha donato, ma anche dagli scambi con colleghi con cui ci ha messo in contatto, e con cui è possibile svilupparle. Questo numero è stato costruito attraverso il ricordo di suoi amici italiani, e la testimonianza di terapeuti della Gestalt che lo hanno conosciuto personalmente. Nei loro contributi è possibile rintracciare alcune delle risposte alle domande da noi formulate.

Apre il numero una breve ma significativa testimonianza della moglie, Nadia Bruschweiler Stern, le cui parole, pronunciate alla fine del convegno organizzato a Roma dal professor Massimo Ammaniti, danno la cornice di senso a tutto ciò che si può dire o scrivere su Stern.

Nella sezione Dialoghi, abbiamo il piacere di ospitare le testimonianze di quattro suoi colleghi italiani, che gli sono stati particolarmente vicini: Massimo Ammaniti, Nino Dazzi, Graziella Fava Vizziello e Vittorio Gallese. Sollecitati dalle mie domande, raccontano come hanno conosciuto Stern e l’influsso che egli ha avuto sul loro pensiero e sul loro impegno professionale.

Chiude la sezione il contributo di Angela Maria Di Vita sulla clinica del materno. L’autrice, per anni garante della nostra Scuola, nel 2006 ha promosso il conferimento al professor Stern della laurea ad honorem in Psicologia clinica dello sviluppo, presso l’ateneo palermitano. Anche se non pubblicato in forma editoriale di dialogo, questo contributo testimonia uno degli scambi scientifici che l’Istituto ha instaurato con docenti accademici in occasione delle visite di Stern presso il nostro Istituto.

Nella stessa sezione, un mio articolo sul contributo di Daniel Stern alla psicoterapia della Gestalt sviluppa i punti di incontro e le differenze tra il pensiero dello psicoanalista intersoggettivo e l’epistemologia gestaltica, così come li ho intesi negli anni dei nostri incontri, densi di sviluppi sia nelle sue teorie che nel nostro Istituto.

Daniel Stern ci ha lasciato un’eredità immensa da condividere e sviluppare tra tutti noi innamorati della vitalità umana.

È anche grazie a lui che ci ritroviamo fratelli tra psicoterapeuti di approcci diversi: sia nei convegni che nella letteratura, in molti, pur appartenendo a epistemologie diverse, ci riferiamo agli stessi passaggi teorici di Stern, condividendoli profondamente, come una conferma a ciò in cui crediamo e alla possibilità di dialogare.

Il suo linguaggio ci ha uniti. E sapere questo sicuramente gli avrebbe fatto piacere. Inoltre, il suo sorriso e la sua curiosità intellettiva sono stati un connubio di amore e novità che resterà per sempre nella nostra anima.


Margherita Spagnuolo Lobb

Quaderni di Gestalt, Volume XXVI, 2013-2, Il pensiero di Daniel Stern e la psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli, pag. 5

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Il sé e il campo in psicoterapia della Gestalt

– I Quaderni di Gestalt si raccontano: 2015/1 in breve.

“Davanti alla grandiosità del terapeuta, il paziente o l’allievo non possono far altro che crogiolarsi.”
Gary Yontef

La scelta di pubblicare un secondo volume sulla psicopatologia nasce dal desiderio di trasmettere ai nostri lettori l’ampio patrimonio di studi, ricerche e strumenti didattici sulla clinica gestaltica, orientata da una prospettiva di campo, a cui l’Istituto di Gestalt HCC Italy ha contribuito in maniera significativa ormai da un decennio (il primo libro sugli attacchi di panico a cura di Gianni Francesetti è del 2005!). La frase in epigrafe segna il fil rouge che unisce lo spirito di questi studi e degli articoli di questo numero: la reciprocità e relazionalità dell’incontro terapeutico. Scommettendosi nella mutevolezza e nel rischio del campo fenomenologico condiviso, il terapeuta declina nel qui e ora dell’incontro terapeutico l’umiltà dell’essere-con.

In questo numero troviamo quattro Relazioni, tutti contributi nuovi, che tracciano il confine in evoluzione dei nostri studi. L’articolo di Miriam Taylor “Uno sfondo sicuro: utilizzo dell’approccio sensomotorio nel trauma” chiarisce in modo inequivocabile il tipo di trattamento necessario per il DPTS, sottolineando come esso debba essere diverso dal classico intervento gestaltico basato sulla teoria paradossale del cambiamento di Beisser, e come debba invece prendere in considerazione la strutturazione neurologica degli schemi percettivi traumatici. Il libro dell’autrice su questo argomento, Trauma Therapy and Clinical Practice. (…)

Segue un contributo di Margherita Spagnuolo Lobb e di Valeria Rubino su “Le esperienze dissociative in psicoterapia della Gestalt”: partendo dalle descrizioni del DSM 5, la autrici presentano casi clinici focalizzando la peculiarità di un intervento gestaltico che nasca dall’evoluzione della teoria paradossale del cambiamento.

Antonio Narzisi e Rosy Muccio seguono con un contributo che integra recenti ricerche sull’autismo con la prospettiva gestaltica, “Autismo e psicoterapia della Gestalt: un ponte dialogico possibile”. La sintomatologia autistica può essere ascritta alla mancanza di modulazione sensoriale e alla difficoltà di pianificazione motoria. In un’ottica esperienziale, il terapeuta della Gestalt si chiede come il bambino autistico usi la propria visione, come senta il corpo, come gestisca il proprio equilibrio. Considerando la co-creazione del contatto tra bambino autistico e caregiver, l’intervento deve sostenere l’intenzionalità di entrambi affinché si raggiungano con una adeguata competenza sull’altro.

Giancarlo Pintus in “Processi neurobiologici e competenza al contatto nell’esperienza addictive” affronta l’esperienza di dipendenza presentando i processi neurobiologici che la sostengono, e iscrivendola nel quadro di riferimento delle esperienze traumatiche. Inoltre sottolinea l’importanza di tenere in considerazione in terapia l’attaccamento e il riconoscimento relazionale.

Per la Gestalt in Azione, una seduta gestaltica condotta durante un seminario per studenti universitari viene commentata da uno psicoanalista e da un gestaltista. “L’arte del prendersi cura: il modello della psicoterapia della Gestalt in dialogo. Simulata di una seduta dal vivo” è il titolo di questo lavoro clinico curato da Teresa Borino, che ospita i contributi di Adriano Schimmenti e di Pietro A. Cavaleri, per una seduta condotta da Margherita Spagnuolo Lobb.

Nella sezione Studi e Modelli Applicativi, curata da Aluette Merenda, Serena Iacono Isidoro con “La ‘sindrome del cuore infranto’: un’indagine preliminare sull’isomorfismo psicofisico” sintetizza la sua tesi di specializzazione: si tratta di un primo studio sul rapporto isomorfico tra stress nel contatto con l’ambiente e stress cardiaco, che prende in esame gli stili percettivi di pazienti con sindrome cardiaca acuta indotta dallo stress, chiamata di “tako-tsubo”.

Nella stessa sezione, Jan Roubal e Tomas Rihacek presentano “I vissuti del terapeuta con i pazienti depressi”, uno studio sui sentimenti di attunement e di distanziamento dei terapeuti di pazienti affetti da depressione. Lo studio apre ad una comprensione dell’autoregolazione di questa relazione e dei benefici della sintonizzazione affettiva nella cura.

Per la sezione Storia e Identità, Bernd Bocian ha scelto l’articolo di Gary Yontef “L’atteggiamento relazionale nella teoria e nella pratica della terapia della Gestalt”, pubblicato nel 1998, da cui ha avuto origine uno sviluppo del nostro modello in linea con l’anima relazionale del testo di Perls, Hefferline e Goodman, Gestalt Therapy, a cui il nostro Istituto ha partecipato attivamente sin dall’inizio, grazie agli insegnamenti di Isadore From, con contributi consi- derati basilari nella letteratura internazionale1.

Nella sezione Congressi Silvia Tinaglia, Serena Iacono Isidoro e Milena Dell’Aquila ci raccontano il convegno su “Fenomenologia delle relazioni intime e della violenza”, che il 20 febbraio 2015 ha inaugurato il master universitario omonimo istituito dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e organizzato a Palermo dall’Istituto di Gestalt HCC Italy.

Sebastiano Messina ci racconta inoltre il tradizionale convegno che il nostro Istituto organizza a Siracusa in occasione delle recite classiche al Teatro Greco, che quest’anno ha affrontato il tema “Flussi migratori tra clinica e società. Metamorfosi culturale, conflitto e bisogno di radicamento”.

Infine, nel grande fermento letterario che in questi anni attraversa la psicoterapia della Gestalt, sia italiana che estera, Dan Bloom e Gianni Francesetti hanno scelto di recensire due libri: Gestalt Therapy di Wheeler e Axelsson (2014) e Le nuove arti terapie. Percorsi nella relazione d’aiuto di Acocella e Rossi. La prima recensione è a firma di Jean-Marie Robine, la seconda di Michele Cannavò.

Nel consegnarvi questo nuovo numero dei Quaderni di Gestalt, sentiamo l’orgoglio di una fatica produttiva e l’attesa di un dialogo inesausto con i nostri lettori.

Margherita Spagnuolo Lobb

Quaderni di Gestalt, volume XXVIII, 2015-1, Il sé e il campo in psicoterapia della Gestalt
Rivista Semestrale di Psicoterapia della Gestalt, edita da FrancoAngeli

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Gestalt Therapy with Children - Eds. Margherita Spagnuolo Lobb, Nurith Levi, Andrew Williams

GESTALT THERAPY WITH CHILDREN. FROM EPISTEMOLOGY TO CLINICAL PRACTICE

È con grande piacere che annunciamo la pubblicazione del testo Gestalt Therapy with Children. From Epistemology to Clinical Practice, frutto di una collaborazione internazionale tra il direttore del nostro Istituto, Margherita Spagnuolo Lobb, la terapeuta israeliana Nurith Levi e il collega inglese Andrew Williams.

La prefazione del volume è stata curata da Violet Oaklander e la postfazione da Gordon Wheeler, illustri gestaltisti statunitensi.

In attesa della traduzione italiana… a tutti gli psicoterapeuti – non solo gestaltisti – interessati alla tematica, auguriamo una buona lettura e tanti spunti di riflessione critica.

«Children today come to therapy with problems related to anxiety, eating, lack of concentration, and difficulties in how they socialize and learn. This clinical picture is a dramatic mirror of the actual development of our society.

For years we have been witnessing events that show a widespread disowning of the human condition. Deaths following terrorist attacks or migration flows in the Mediterranean area, and dramatic climate changes that have drastically affected our spirit.

What does a child feel when she listens silently to the news and the comments of the adults, or when she is directly involved in such traumatic events? Children absorb the cruelty, and, even worse, the adults’ dissociation may lead them to perceive these events as “normal.”

Psychotherapy and child development research must acknowledge these new conditions in which children grow up, and clinical work should take account of this now widespread experiential background.

This book tries to outline how contemporary Gestalt psychotherapists face the actual clinical situation when they work with children. The aim is to develop new tools to help children and their families to feel part of the human community, in a way that is not desensitized.

It is addressed to psychotherapists of all approaches».

LA PSICOTERAPIA DELLA GESTALT NELLA PRATICA CLINICA. Dalla psicopatologia all’estetica del contatto

Abbiamo il piacere di comunicarvi l’uscita della versione italiana del testo
GESTALT THERAPY IN CLINICAL PRACTICE From psychopathology to the aesthetics of contact, a cura di: Gianni Francesetti, Michela Gecele e Jan Roubal.

Ve ne regaliamo qualche passo tratto dalla Prefazione all’edizione italiana di Eugenio Borgna, dalla Prefazione all’edizione inglese di Leslie Greenberg e dall’Introduzione a cura di Gianni Francesetti,Michela Gecele e Jan Roubal.

Dalla lettura di questo testo si esce affascinati dalla complessità e dalla vastità delle correnti culturali, che sono confluite nella articolazione psicoterapeutica e dottrinale della terapia della Gestalt che conoscevo nel suo back-ground metodologico ed epistemologico, ma non nella estensione e nella profondità delle sue radici culturali, e nelle sue possibili correlazioni con la fenomenologia che è la premessa alla realizzazione di una psicopatologia aperta a cogliere la dimensione psicologica e umana della sofferenza psichica.

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