Le pubblicazioni dell'Istituto di Gestalt HCC Italy: Body Process. L’esperienza corporea in psicoterapia.

Body Process. L’esperienza corporea in psicoterapia.

J.Kepner, 1997, Franco Angeli Milano. Collana PSICOTERAPIA DELLA GESTALT
diretta da Margherita Spagnuolo Lobb


Questo libro di James Kepner si inserisce nella più pura tradizione umanistica della prospettiva fenomenologia, solistica ed esperienziale, e rappresenta un contributo necessario quanto fedele alla teoria di base dell’approccio gestaltico (il testo fondante di Perls, Hefferline e Goodman, Gestalt Therapy) che tanto rilievo ha dato all’espressione corporea del paziente, sia per la sua funzione di supporto fisiologico al sé che relativamente alla sua intenzionalità comunicativa. Problemi quali l’obesità, le sofferenze psicosomatiche, l’insensibilità emozionale, la tensione cronica, la mancanza di espressività emotiva, i mal di testa, i disturbi sessuali, comportano tutti un fatto fondamentale: che la nostra è un’esistenza incarnata. Sia come persone che come terapeuti abbiamo bisogno di saperne di più sulla felicità della nostra esperienza e su come il vissuto corporeo si intreccia con quello mentale, in modo da poterci appropriare dei vari disturbi psicosomatici come di atti creativi del nostro Io che tenta di adattarsi a situazioni difficili. Oltre a rappresentare un opera fondamentale nella letteratura gestaltica, questo libro costituisce un punto di riferimento per professionisti di indirizzi diversi e un interessante compagno di viaggio per chi vuole capire il senso profondo dei propri vissuti corporei.
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L’esperienza corporea in psicoterapia

Le nostre riflessioni e contributi per il mese di Aprile saranno dedicate all’esperienza corporea, quella che il fenomenologo Edmund Husserl chiamava il “Punto-Zero” dell’esperienza, sua origine e orientamento fondamentale.

L’esperienza corporea è parte integrante del mondo fenomenico in processo, sperimentata da ognuno di noi, nella sua interezza e immediatezza, nel farsi del contatto con l’ambiente. Ne abbiamo consapevolezza quando il nostro “cuore sobbalza”, quando “guardiamo un arcobaleno nel cielo” (William Wordsworth), oppure quando in una seduta di psicoterapia accade un insight, che viene fortemente “sentito e riconosciuto” in un’unità di pensiero, sensazione e azione: l’“esperienza aha!” (Spagnuolo, 2013).

Introduciamo il tema del mese con le riflessioni e un breve esempio clinico di Ruella Frank tratti da: Quaderni di Gestalt, Volume XXVI,  2013/1,
L’esperienza corporea in psicoterapia

Durante una seduta, osservo l’emergere di schemi ripetitivi o profondi nel paziente ed in me. Questi non sono altro che modalità automatiche con cui il paziente ed io gesticoliamo, respiriamo o camminiamo; e sono inoltre la matrice organizzativa dei nostri schemi posturali. Questi schemi accompagnano e sono alla base della nostra “narrazione incarnata” all’interno del campo relazionale.

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Il pensiero degli autori

Dalla Prefazione di Leslie Greenberg al testo Gestalt Therapy in Clinical Practice. From Psychopathology to Aesthetic of Contact

Edited By Gianni Francesetti, Michela Gecele and Jean Roubal

 
There has until recently been a lack of development of theory and research in Gestalt therapy that has greatly hampered the recognition of what Gestalt therapy has to offer. Being an experiential therapy, training was based strongly on promoting personal experience as a way of learning. This led to the denigration of intellectual and scientific pursuits, to the elevation of learning by doing, and to only valuing “knowledge of acquaintance”. You had to experience it to know it. This was in line with Gestalt phenomenological theory of practice, but this approach had its problems in promoting theory and research. This approach exposed Gestalt to the danger of becoming an esoteric practice and of losing any recognition as a serious academic, professional and scientifically va­lid approach. The theoretical and clinical writing that appears in this book is an antidote to this trend.
With the advent of the worldwide call for evidence based practice Gestalt has begun to shift its focus and has begun to develop and encourage more theoretical and research efforts. A sophisticated treatment of psychopathology as o­ffered in these chapters fits into, and points the way, along this new path. In my view it can be thought of as helping to set a new frame for a third generation of Gestalt therapists, one that is more holistic, integrating theory research and practice in a phenomenological, relational and empirical framework.

                                                                                            Leslie Greenberg

Toronto, December 2012

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Il pensiero di Daniel Stern e la psicoterapia della Gestalt

Ricordiamo oggi il pensiero di D. Stern attraverso le parole di Margherita Spagnuolo Lobb,  direttore dell’Istituto di Gestalt HCC Italy, tratte da Il contributo di Daniel Stern alla psicoterapia della Gestalt di Margherita Spagnuolo Lobb, in Quaderni di Gestalt, Volume XXVI,  2013/2

La teoria del sé di Stern rimane per noi una bellissima descrizione dei processi relazionali con cui il bambino impara ad essere in contatto con il proprio ambiente: prima cogliendo la musica di tutto ciò che si muove intorno a lui (compreso se stesso) (Sé emergente), poi
creando prototipi di questi movimenti e delle persone (compreso se stesso) (Sé nucleare), giungendo poi a gestire posture, intenzionalità, prototipi di relazioni (Sé soggettivo), in seguito imparando il linguaggio (Sé verbale), ed infine integrando linguaggio, posture e intenzionalità all’interno di una danza condivisa che prende la forma di una narrazione (Sé narrativo).
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Quaderni di Gestalt volume XXVI 2013/2: Il pensiero di Daniel Stern e la psicoterapia della Gestalt

Iniziamo a raccontare Daniel Stern attraverso le testimonianze della moglie Nadia Bruschweiler Stern, e di quattro suoi colleghi italiani, che gli sono stati particolarmente vicini: Massimo Ammaniti, Nino Dazzi, Vittorio Gallese e Graziella Fava Vizziello.

Stralci di testimonianze tratte dal Quaderno di Gestalt, Volume XXVI,  2013/2:

Il pensiero di Daniel Stern e la psicoterapia della Gestalt

 
Da un punto di vista intellettuale Dan sapeva come cercare, osservare, descrivere, contestualizzare e mettere in evidenza elementi universali dell’esperienza umana. Questi aspetti sono necessariamente collegati a molte teorie e discipline diverse. Credo che il suo lavoro fosse al di sopra di queste differenze, sempre alla ricerca degli aspetti fondamentali delle interazioni e delle relazioni umane.
Da un punto di vista umano, aveva una squisita capacità di entrare in contatto con le persone, facendo sempre sentire speciali coloro che incontrava. Questo aveva a che fare con il suo bisogno di seduzione, ma soprattutto era la sua fonte di vitalità e il suo campo di ricerca. Era curioso nei confronti della gente e viaggiava impegnandosi intensamente in ogni scambio. E così, quando incontrava le persone era sempre molto coinvolto, facendole sentire valorizzate dalla luce che emanava, per poi scomparire altrove con il suo raccolto.

Nadia Bruschweiler Stern

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