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Le esperienze dissociative in psicoterapia della Gestalt

– Margherita Spagnuolo Lobb e Valeria Rubino.

L’articolo spiega la diffusione attuale delle dissociazioni come nuove sofferenze del “tra” considerando l’evoluzione del sentire sociale. Partendo dalla categorizzazione del DSM 5, descrive poi le varie forme cliniche delle dissociazioni. Infine, per ciascuna di esse, presenta un breve caso clinico. Conclude identificando due competenze fondamentali del terapeuta della Gestalt nel lavoro con le dissociazioni: la diagnosi differenziale tra uno sfondo esperienziale turbolento e uno sfondo confuso e l’attenzione alla fase espiratoria della respirazione del paziente-in-contatto-con-il-terapeuta, al fine di costruire il ground relazionale che consente poi al paziente di fare emergere nuove figure dallo sfondo della sua esperienza.

1. L’esperienza dissociativa in un continuum tra sanità e patologia

Esperienze occasionali di dissociazione costituiscono un fenomeno molto comune: immergersi nella lettura di un libro, fino a perdere la cognizione del tempo, perdersi nelle note di una melodia, sognare ad occhi aperti, sono esperienze che non hanno alcun significato psicopatologico, ma rappresentano la capacità dell’organismo di lasciarsi sedurre dalle proprie fantasie e di concentrarsi su un problema da risolvere o su un ricordo o un’idea che contiene una novità da integrare. Inoltre, l’esperienza dissociativa può essere raggiunta volontariamente, attraverso l’assunzione di sostanze o anche esperita con esercizi comportamentali, quali la scrittura automatica, il training autogeno, gli esercizi di yoga o danze parossistiche, le pratiche ascetiche o le meditazioni trascendentali (Di Fiorino, Del Debbio, 2009).

In altri casi, invece, l’esperienza dissociativa può configurarsi come una risposta difensiva dell’organismo verso situazioni stressanti. Anche questa rappresenta una modalità “sana” di risposta all’ambiente: dimenticare alcuni episodi emotivamente pregnanti, o ovattare le proprie sensazioni di fronte ad emozioni intense è un comportamento adattivo che protegge da esperienze ingestibili. Quando invece il ricorso alla dissociazione diventa la modalità esistenziale e relazionale primaria, la flessibilità del processo adattivo viene perduta e si crea una assenza al confine di contatto, che può essere esperita anche come perdita del senso di sé.

Nell’approccio gestaltico oltre a vedere queste forme dissociative in un’ottica dimensionale, aggiungiamo una lettura relazionale che le colloca lungo un continuum che va dalla spontaneità del contatto (capacità di adattarsi nel contatto con l’ambiente senza perdere la flessibilità e la presenza, la consapevolezza) all’assenza di consapevolezza al confine, alla desensibilizzazione del sé-in- contatto provocata da processi ansiogeni.

Una peculiarità dell’ottica dimensionale della psicoterapia della Gestalt è lo sguardo alle dissociazioni come adattamento creativo del processo di contatto con l’ambiente. Esso consente di leggere l’esperienza dissociativa all’interno di un accadimento relazionale: “Mi dissocio con te”. Questa peculiare ottica colloca l’intervento gestaltico nella cornice di una necessaria relazionalità: il terapeuta deve innanzitutto fornire quel ground relazionale che consente al paziente di recuperare la spontaneità del processo di contatto rimasto per così dire “sospeso”.

2. la dissociazione nella pratica clinica

3. La lettura gestaltica delle esperienze dissociative

4. la clinica gestaltica delle dissociazioni

5. la specificità dell’intervento gestaltico con le esperienze dissociative

Tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXVIII, 2015-1, La psicopatologia in psicoterapia della gestalt II Parte
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli

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