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Giovani funamboli: esperienze depressive in adolescenza

-Michele Lipani e Elisabetta Conte

L’articolo propone una chiave di lettura dell’esperienza depressiva che può essere vissuta da molti adolescenti e che spesso si colloca sul crinale tra “fisiologia” e rischio psicopatologico. L’aspetto fenomenologico viene delineato sullo sfondo di significati culturali, evolutivi, e, in sintonia con l’approccio gestaltico, nella prospettiva della teoria del sé. Alla proposta di lettura teorica seguono alcune possibili direzioni di supporto psicoterapeutico.

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Le “forme depressive” durante l’adolescenza

In adolescenza i segnali del vissuto depressivo sono spesso espressi dal corpo con sintomi somatici, oppure con comportamenti che possono apparire anche molto distanti, se non opposti, rispetto alla tonalità depressiva.

Nella fase preadolescenziale possono manifestarsi difficoltà legate all’inibizione, o ad atteggiamenti e comportamenti più tipici dell’infanzia, pensiamo ad esempio al racconto dei genitori di Edoardo, sgomenti perché il loro figlio quattordicenne, angosciato dalla solitudine, non riesce ad addormentarsi se non è accanto al padre.

In genere è raro che in adolescenza la depressione si manifesti come entità clinica chiaramente definita negli stessi termini in cui lo è per l’adulto, l’isolamento e il ritiro ostinato invadono in misura minore il campo dell’esperienza depressiva adolescenziale.

La valenza depressiva può invece manifestarsi sotto forma di “equivalenti depressivi” quali noia, affaticabilità, dolori addominali, ipocondria, difficoltà scolastiche (Cappelli e Cimino, 2002; Carau, 2008; Saottini, 2008).

Talvolta lo sfondo depressivo può essere “mascherato” dall’assunzione di sostanze o da un’alterazione del rapporto con il cibo. Tali comportamenti, secondo alcuni autori, possono essere letti come tentativi di “autoterapia” nei confronti della depressione (Bracconier et al., 1995).

Altri comportamenti sembrano tentativi di sfuggire alla sensazione di crollo. Seppure inquadrabili in problematiche diverse e complesse, possiamo considerare il significato depressivo di molti comportamenti di tipo aggressivo o comunque a rischio, come quelli di Massimo, il quindicenne che continua ad avere incidenti spericolati con lo scooter; o ancora Carla, la diciassettenne che ha rapporti sessuali con quasi tutti quelli che la corteggiano, e chiede poi come fare a sapere se ha avuto un orgasmo; o Miriam, sua coetanea, che quando è “nervosa” si tagliuzza i fianchi («non le braccia perché i genitori potrebbero accorgersene»).

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Tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXVII, 2014/2, La psicopatologia in psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di Psicoterapia della Gestalt edita da Franco Angeli, pag. 95

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Adolescenti ed espressioni depressive

– Michele Lipani e Elisabetta Conte.

L’articolo propone una chiave di lettura dell’esperienza depressiva che può essere vissuta da molti adolescenti e che spesso si colloca sul crinale tra “fisiologia” e rischio psicopatologico. L’aspetto fenomenologico viene delineato sullo sfondo di significati culturali, evolutivi, e, in sintonia con l’approccio gestaltico, nella prospettiva della teoria del sé. Alla proposta di lettura teorica seguono alcune possibili direzioni di supporto psicoterapeutico.

La significativa rilevanza delle problematiche depressive durante l’età evolutiva è ormai condivisa a livello scientifico (Ammaniti, 1999; Bracconier et al.,1995; Cappelli e Cimino, 2002; Carau, 2008; Marcelli, 1993; Tabanelli, 2008) ed è certamente aumentata l’attenzione clinica al disagio depressivo durante l’adolescenza.
Questo lavoro propone una chiave di lettura del fenomeno depressivo in età adolescenziale, tracciando possibili direzioni di intervento coerenti con la prospettiva della psicoterapia della Gestalt.

Pur rilevandone l’importanza, non ci soffermeremo sull’analisi dello sfondo culturale quale contesto che dà significato alle nuove forme della famiglia, alle sue strutture, dinamiche relazionali, valori e riferimenti educativi, rimandando all’ampia letteratura presente su questo tema (Cavaleri, 2000; Conte e Mione, 2008; Galimberti, 2007; Jeammet, 2011; Pietropolli Charmet, 2000; 2008; Recalcati, 2013; Spagnuolo Lobb, 2010; 2011; 2014). Così come i temi, anche i significati evolutivi non sono avulsi dai modi in cui l’ambiente in generale e la famiglia in particolare attraversano i cambiamenti che l’adolescenza impone (Lipani, 2002).

Tenendo sullo sfondo tale contesto, ci soffermeremo sulla descrizione e sui possibili significati delle manifestazioni depressive adolescenziali, muovendoci da un’ottica fenomenologico-relazionale e dando rilievo al frequente collocarsi di tali manifestazioni come zona di frontiera fluida (Cappelli e Cimino, 2002), tra la fisiologica instabilità dell’umore dell’adolescente e la valenza clinica di un quadro patologico strutturato.

Può essere infatti difficile tracciare confini netti capaci di distinguere tra le fasi alterne dell’umore, i sentimenti di tristezza e disistima di sé spesso presenti e tipici di questa età e la presenza di vissuti che denotano invece un’esperienza depressiva che spinge a rifugiarsi, sfiduciati, in un intimo silenzioso.

Peculiarità nell’esperienza depressiva adolescenziale: gli elementi borderline e narcisistici

La letteratura, riferendosi alla nostra società, ha spesso parlato di un’epoca caratterizzata da elementi narcisistici e borderline; anche l’adolescenza, per definizione, porta con sé aspetti narcisistici e borderline. Tali similitudini presenti sia nel contesto culturale che negli adolescenti, secondo noi, si miscelano avendo l’effetto di amplificare i vissuti e le fragilità.

In altri termini, quegli elementi di fragilità che durante l’adolescenza necessiterebbero di sostegno, trovano invece la stessa vulnerabilità nei genitori, figli a loro volta di questo sfondo culturale. La stessa esperienza depressiva può declinarsi allora o sul piano della vulnerabilità narcisistica, o su quello del disagio borderline (Salonia, 2013; Spagnuolo Lobb, 2011, p. 24 ss.; 2014).

La fatica nell’elaborare gli elementi narcisistici e gli introietti genitoriali può fare emergere temi di autocritica negativa, disistima e fallimento. Molti ragazzi manifestano così la paura dell’insuccesso e un senso di autonomia e autostima molto fragili. È questo il caso in cui l’adolescente non riesce a fare fronte alla discrepanza tra il come è, il come vorrebbe essere, e il come gli altri vorrebbero che fosse.

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Articolo tratto da Quaderni di Gestalt, volume XXVII, 2014-2, La psicopatologia in psicoterapia della Gestalt
Rivista semestrale di psicoterapia della Gestalt, edita da FrancoAngeli, pag. 109

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