Definizione Aggressività

Dal latino aggressus, participio passato del verbo aggrĕdi=andare verso o contro, composto da ad=verso, contro e grădi=andare, camminare (gradus=passo).
In origine aveva il significato di andare verso un luogo o una persona per parlare, ora ha assunto il senso di assalire.

“L’aggressività è vista in psicoterapia della Gestalt come una forza primaria positiva, in quanto legata all’energia vitale del mordere, alla capacità di destrutturare la realtà per crearne (o co-crearne) una nuova. […]

Che l’aggressività faccia parte della natura umana è evidente, ma questo non ne garantisce una visione positiva. Le teorie psicologiche infatti la considerano in genere una forza distruttiva, perché contrastante con l’esigenze del vivere sociale. […]

Considerare invece l’aggressività come una forza fondamentale per la sopravvivenza dell’essere umano e anche per una risoluzione dei problemi sociali che non sacrifichi a priori i bisogni individuali, implica un’antropologia positiva: aperta alla possibilità di integrazione della fisiologia con il rispetto delle regole sociali, quindi fiduciosa nella capacità di autoregolazione sociale dell’essere umano” (Spagnuolo Lobb, 2011, pp. 130-131).

L’aggressività, secondo Perls, è un’attività auto-affermativa con cui l’io (non più visto come un’istanza ma come una funzione dell’organismo) può assimilare o rifiutare l’ambiente, a seconda che esso sia nutriente o nocivo (v. Perls, 1995, p.149).

“L’esperienza fisiologica dell’ad–gredere, che sostiene l’esperienza organismica più generale dell’andare verso l’altro, necessita dell’ossigeno, ossia di essere bilanciata e sostenuta dall’espirazione, momento di fiducia verso l’ambiente in cui l’organismo lascia andare la propria tensione e il controllo per poi riprendere fiato (e ossigeno) in modo spontaneo e autoregolato” (Spagnuolo Lobb, 2011, p. 38).

“L’aggressività costituisce un ‘passo verso’ l’oggetto dell’appetito o dell’ostilità” (Perls, Hefferline e Goodman, 1997, p. 151).

“In ogni aggressività dunque è possibile rintracciare un’intenzionalità di contatto, e in ogni conflitto da essa risultante esiste una potenzialità di migliorare il contatto” (Spagnuolo Lobb, 2011, p. 132).

“Le più rilevanti caratteristiche passionali della nostra epoca sono la violenza e la sottomissione. […] L’insieme di pulsioni e di perversioni che vengono definite aggressive – l’annientamento, la distruzione, l’omicidio, la combattività, l’iniziativa, la caccia, il sado-masochismo, la conquista e la dominazione – tutti questi sono considerati par excellence antisociali. […]

L’atteggiamento e gli atti definiti ‘aggressivi’ comprendono un gruppo di funzioni di contatto essenzialmente diverse che sono di solito interconnesse in modo dinamico nell’azione. Si può dimostrare che almeno l’annientamento, la distruzione, l’iniziativa e l’ira sono essenziali alla crescita nel campo dell’organismo/ambiente; in presenza di oggetti razionali questi atti sono sempre ‘sani’ e in ogni caso essi non possono venir ridotti senza una perdita di importanti settori della personalità, in particolare la fiducia in sé stessi, il sentimento e la creatività. Altre aggressioni, come il sado-masochismo, la conquista e il dominio, nonché il suicidio, si possono interpretare come derivati nevrotici” (Perls, Hefferline, Goodman, 1997, pp. 148-149).

“Qualche decennio fa, nel periodo di massima diffusione della psicoterapia della Gestalt (anni sessanta-settanta), il sentimento dell’aggressività era legato alla realizzazione di sé e associato alla capacità di indipendenza dalle figure autoritarie. Oggi l’aggressività è percepita dagli individui con una certa “liquidità”, senza il supporto necessario per renderne funzionale l’espressione nel contatto: manca il ground di sicurezze scontate che deriva dai contatti precedenti assimilati. Per questo motivo l’atto del deliberare (l’identificarsi o l’alienarsi da parti dell’ambiente, funzione-io del sé) non può definirsi chiaramente contro lo sfondo esperienziale (funzione-es e funzione-personalità del sé)” (traduz. da: Spagnuolo Lobb, 2013, p.36).

“Il sentimento di aggressività, la forza positiva di sopravvivenza che F.Perls indicò come ciò che la società aveva bisogno di riconoscere per sostenere il potere creativo di ogni individuo e risolvere il problema della gestione dei conflitti sociali, personali e gruppali, oggi va ripensato in termini di mancanza di ground nell’esperienza di contatto. Il problema clinico non è più sostenere l’aggressività nel contatto, ma sostenere la relazione affinché il sentimento di aggressività possa trovare un contenimento relazionale solido per orientarsi nel contatto” (ibidem, p.37).

Bibliografia

Perls F . (1995). L’io, la fame e l’aggressività, Milano: Franco Angeli.
Perls F, Hefferline R.F., Goodman P. (1997). Teoria e pratica della terapia della gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana, Roma: Astrolabio.
Spagnuolo Lobb M. (2011). Il now-for-next in psicoterapia. La psicoterapia della Gestalt raccontata nella società post-moderna, Milano: Franco Angeli.
Spagnuolo Lobb M. (2013). From the need for aggression to the need for rootedness: a Gestalt postmodern clinical and social perspective on conflict, British Gestalt Journal Vol. 22, No. 2, 32–39.

Hanno contribuito alla redazione della voce:

Resp. di redazione – Silvia Tinaglia
Collaboratori (in ordine cronologico) – Susanna Marotta, Federica Falzone, Antonella Montalbano

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