Quaderni di Gestalt n.2012/2 – La prospettiva evolutiva in psicoterapia della Gestalt

Quaderni di Gestalt
2012/2 – volume XXV
La prospettiva evolutiva in psicoterapia della Gestalt

Indice del numero

EDITORIALE
I processi evolutivi in psicoterapia: lo sguardo terapeutico tra passato, presente e futuro,
di Margherita Spagnuolo Lobb
DIALOGHI
La mentalità evolutiva in psicoterapia.
Conversazione tra Massimo Ammaniti e Margherita Spagnuolo Lobb
RELAZIONI
Lo sviluppo polifonico dei domini. Verso una prospettiva evolutiva della psicoterapia della Gestalt,
di Margherita Spagnuolo Lobb
La teoria evolutiva in psicoterapia della Gestalt. Storia di un dibattito ancora aperto,
di Giuseppe Sampognaro
Oltre il modello Perls-Goodman. Dal campo organismo/ambiente al campo relazionale,
di Mercurio Albino Macaluso
IDENTITÀ E STORIA: TESTI E PENSIERI DALLO SFONDO
Introduzione a Fritz Perls: Resolution,
di Bernd Bocian
Resolution,
di Fritz Perls
CONGRESSI
La vita è un arcobaleno che comprende anche il nero,
di Milena Dell’Aquila e Fabiola Maggio
Convegno FIAP 2012: La psicoterapia nel villaggio globale,
di Michele Cannavò, Monica Bronzini, Orsola Gambi
Convegno AAGT: Culture, contatto, cambiamento,
di Peter Philippson
RECENSIONI
Wheeler G. (2000). Beyond Individualism: Toward a New Under-standing of Self, Relationship, and Experience,
di Malcolm Parlett
Robine J.M. (2012). Le changement social commence à deux. Etudes pour la psychothérapie,
di Maria Mione
Di Vita A.M., Miano P. (2011) (a cura di), Da Antigone a Sakineh. Culture femminili e soggettività,
di Marisa Smiraglia
Quattrini G.P. (2011). Per una psicoterapia fenomenologico-esistenziale,
di Antonio Roberto Cascio
COMMEMORAZIONI
In ricordo di Giuseppe Donadio,
di Stefano Crispino
Addio a Daniel Stern,
di Margherita Spagnuolo Lobb e Teresa Borino

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Contenuti

I processi evolutivi in psicoterapia:
lo sguardo terapeutico tra passato,
presente e futuro

A Daniel Stern
maestro, collega, amico,
possibilità inesausta di confronto e dialogo.
Molta acqua è passata sotto i ponti da quando gli psicoterapeuti della Gestalt consideravano l’interesse per lo sviluppo umano come antitetico al proprio approccio, in quanto foriero di un allontanamento dal qui e ora, dall’esperienza immediata del paziente in seduta.
Oggi sappiamo che il passato, lo sviluppo del paziente, è parte integrante del suo modo di essere nel qui e ora e che è importante che lo psicoterapeuta abbia una mappa per leggere i processi evolutivi. In particolare, oggi la psicoterapia della Gestalt trova appropriato rivolgersi allo sviluppo come a uno sfondo da cui emergono le figure che il paziente crea per la situazione attuale. In linea con la determinazione dei fondatori di studiare – piuttosto che processi dinamici intrapsichici che non trovano evidenza nel piano della realtà presente – ciò di cui siamo testimoni, ossia il modo in cui terapeuta e paziente declinano adesso il loro contatto terapeutico, il terapeuta della Gestalt necessita di strumenti teorici e metodologici per leggere come il passato è presente nel farsi del sé nel contatto, ossia come la percezione attuale del paziente si infutura nell’intenzionalità di contatto. Al terapeuta fenomenologo serve comprendere l’esperienza che adesso il paziente ha del passato e dei vissuti relazionali che hanno condizionato il suo sviluppo. Gli serve capire i livelli di resilienza (del paziente) davanti agli stress, l’effi­cacia delle modalità adattive adoperate e il grado di consapevolezza (l’apertura dei sensi) che egli ha mantenuto nel tempo.
Allora, se prima della svolta degli anni ’90, che ha portato tutte le psicoterapie a interessarsi dei pazienti gravi e degli aspetti evolutivi relazionali, la psicoterapia della Gestalt si dimostrava scettica o addirittura contraria allo studio dei processi evolutivi umani, oggi non abbiamo alcun dubbio sulla necessità di attingere allo sviluppo come strumento di contestualizza-jhkjh
Quaderni di Gestalt, XXV, n. 2/2012
zione dell’intenzionalità e delle risorse del paziente. La domanda che ci facciamo, e che anima tutti i contributi di questo numero, è se lo psicoterapeuta della Gestalt nel suo lavoro clinico necessiti di una teoria evolutiva o se non abbia invece bisogno di uno strumento per cogliere, per come si presentano nel qui e ora, le modificazioni evolutive che il paziente ha attraversato e che adesso contribuiscono a determinare la figura del suo contatto terapeutico.
Il professor Daniel Stern, venuto a mancare recentemente e a cui questo numero dei Quaderni di Gestalt è dedicato, aveva lottato sin dall’inizio dei suoi studi contro il vizio che una errata impostazione epistemologica aveva imposto alla teoria evolutiva psicoanalitica. In realtà, la costruzione di una teoria evolutiva non può avvenire per deduzione dai racconti dei pazienti: le teorie dello sviluppo devono rifarsi all’osservazione dei bambini “veri”, non ai racconti di persone adulte nel momento in cui descrivono la loro sofferenza. Stern aveva sostenuto fortemente la necessità di creare una teoria evolutiva che partisse dal bambino osservato, dal bambino sano. L’Infant Research, a cui hanno collaborato i più grandi psicoanalisti intersoggettivi e relazionali, proprio sviluppando questa necessità rilevata da Stern, ha consentito di rivoluzionare il presupposto evolutivo della psicoanalisi, mettendo in questione il cuore stesso della tecnica psicoanalitica, l’interpretazione. Essa infatti non considera la “comunicazione relazionale implicita” (come l’ha definita Stern), non attinge ad una profondità dell’essere-con del paziente che passa innanzitutto attraverso processi relazionali non verbali di sintonizzazione reciproca, ma piuttosto analizza il racconto del paziente sulla base di una teoria suggestiva che a volte non ha nulla a che vedere con l’esperienza concreta del paziente (Stern et al., 1998; 2004; 2010). Stern valorizza così le capacità relazionali implicite dell’analista, più che il bagaglio tecnico appreso.
Se già la psicoanalisi si è ricreduta su un modo epistemologicamente sbagliato di fare teoria evolutiva, perché dovremmo cadere in questo stesso errore mezzo secolo dopo? Vogliamo descrivere lo sviluppo umano cercando di incasellarlo nelle categorie gestaltiche di confluire, introiettare, proiettare e retroflettere o vogliamo guardare il bambino vero con occhi gestaltici e pensare ad un racconto epistemologicamente coerente del suo sviluppo?
In questo numero, in un articolo della sezione “Relazioni”, metto in guardia dal rischio di dedurre una teoria evolutiva dai racconti dei pazienti o dalla lettura di altre teorie dello sviluppo secondo categorie gestaltiche non convalidate dall’osservazione diretta del bambino. Propongo invece per il momento una prospettiva (non una teoria) evolutiva, un modo di guardare allo sviluppo del paziente. Lo “sviluppo polifonico dei domini” è la categoria concettuale che mi sembra gestalticamente adeguata per guardare allo sviluppo del paziente nel qui e ora dell’incontro terapeutico, in linea con la teoria della complessità e con le moderne teorie evolutive. Mi auguro che con il tempo anche noi psicoterapeuti della Gestalt potremo fare ricerca, osservando il bambino e le sue interazioni attraverso categorie che ci sono proprie, in modo da dare un contributo alle teorie evolutive contemporanee, peraltro molto vicine all’epistemologia gestaltica del contatto.
Nella sezione “Dialoghi”, il professore Massimo Ammaniti, intervistato dalla sottoscritta, spiega come la realtà dello sviluppo possiede una variabilità e una complessità che le tradizionali teorie stadiali non esprimono e mi fa dono di un dibattito appassionato sui domini e i sistemi motivazionali.
Nella sezione “Relazioni”, dopo il già citato articolo, Giuseppe Sampognaro presenta l’evoluzione del pensiero gestaltico sullo sviluppo umano: dall’indifferenza iniziale all’idea di applicare alla teoria evolutiva le fasi della sequenza di contatto; dallo sviluppo dell’intersoggettività alla formulazione dei domini gestaltici.
A seguire, Albino Macaluso sviluppa la posizione critica di Gordon Wheeler verso il linguaggio centrato sull’individuo di Goodman e rintraccia nei contributi del collega americano e della sottoscritta i presupposti per la fondazione di un linguaggio realmente relazionale in psicoterapia della Gestalt.
Nella rubrica “Identità e storia. Testi e pensieri dallo sfondo”, Bernd Bocian presenta e commenta il discorso che Fritz Perls ha pronunciato all’Ospedale di Mendocino, California, nel 1959. Il gioco degli opposti –centrale nel lavoro gestaltico – e l’unitarietà della loro risoluzione è alla base della “teoria unificata del campo”, della “consapevolezza universale”, del “punto zero dell’indifferenza”, del Taosimo e, alla fine, del “conflitto creativo” proposto dal fondatore della psicoterapia della Gestalt.
Nella sezione “Congressi”, Fabiola Maggio e Milena Dell’Aquila scrivono una toccante testimonianza del seminario internazionale condotto da Carmen Vazquez Bandin, La vita è un arcobaleno che include anche il nero, svoltosi dal 9 all’11 Novembre 2012 a Siracusa.
Michele Cannavò, Monica Bronzini e Orsola Gambi descrivono le giornate del congresso nazionale La psicoterapia nel villaggio globale, organizzato a Roma dalla Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia (FIAP), dal 9 all’11 Novembre 2012.
Peter Philippson infine ci racconta la conferenza dell’AAGT (Association for the Advancement of Gestalt Therapy), Culture, contatto, cambiamento, svoltasi a Puebla, Messico, dal 17 al 20 maggio 2012.
Nella sezione “Recensioni”, il collega inglese Malcolm Parlett presenta le proprie riflessioni sul libro di Gordon Wheeler “Beyond Individualism”, considerato come essenziale e fondante per il concetto di campo e di relazione e dunque anche per l’evoluzione relazionale e situazionale della strutturazione del sé.
Maria Mione presenta il recente libro di Jean Marie Robine, Le changement social commence à deux. Etudes pour la psychothérapie, attualmente disponibile solo in lingua francese, sottolineando lo sguardo costante dell’autore alla dimensione relazionale della psicoterapia, letta dal punto di vista dei concetti fondanti della psicoterapia della Gestalt (la teoria del sé, il contatto, il campo, etc.).
Marisa Smiraglia recensisce il testo a cura di Angela Maria Di Vita e Paola Miano, Da Antigone a Sakineh, Culture femminili e soggettività (un saggio che raccoglie gli interventi alla Giornata di studio dedicata dall’Ateneo di Palermo a Sakineh), cogliendo la complessa ricchezza del mondo interiore femminile ma anche il mancato riconoscimento sociale dei diritti e della diversità di genere.
Infine Antonio Roberto Cascio recensisce il libro di Giovanni Paolo Quattrini dal titolo Per una psicoterapia fenomenologico-esistenziale rilevando come l’autore solleciti la curiosità del lettore verso lo sfondo interdisciplinare che ha determinato la nascita della psicoterapia della Gestalt.
Nella sezione “Commemorazioni”, Stefano Crispino ci fa dono del suo personale e commosso ricordo di Giuseppe Donadio, fondatore della Gestalt Analitica.
Infine, la sottoscritta e Teresa Borino ricordano, con profonda commozione e viva partecipazione, Daniel Stern, spentosi a Ginevra il 12 novembre 2012, a 78 anni, principale fonte di ispirazione di questo numero. Le sue idee, la sua apertura mentale, il suo spirito sempre più gestaltico e – non meno – il suo sorriso profondamente umano e vitale ci mancheranno moltissimo.
A lui dedicheremo certamente scritti più approfonditi. Per ora un grazie per averci insegnato che è possibile cogliere e sostenere la spontaneità dei bambini anche nella ricerca accademica.

Siracusa, Dicembre 2012
Margherita Spagnuolo Lobb
 
BIBLIOGRAFIA

Stern D., Bruschweiler-Stern N., Harrison A., Lyons-Ruth K., Morgan A., Nahum J., Sander L., Tronick E. (1998). Non-interpretive mechanisms in psychoanalytic therapy. The “something more” than interpretation. Int. J. Psycho-Anal., 79: 903-921.
Stern D.N. (2004). The present moment in Psychotherapy and Everyday Life. New York: Norton (trad. it.: Il momento presente in psicoterapia e nella vita quotidiana. Milano: Raffaello Cortina, 2005).
Stern D.N. (2010). Forms of Vitality. Exploring Dynamic Experience in Psychology and the Arts. New York: Oxford University Press.