Quaderni di Gestalt n.2009/1 – L’evoluzione della psicoterapia della Gestalt in Italia

Quaderni di Gestalt
2009/1 – volume XXII
L’evoluzione della psicoterapia della Gestalt in Italia

Indice del numero

EDITORIALE
L’evoluzione della psicoterapia della Gestalt in Italia tra figure e sfondi
di Margherita Spagnuolo Lobb
DIALOGHI
La Psicoterapia della Gestalt in Italia: lo stato dell’arte
a cura di Giuseppe Sampognaro
INCONTRI diVISIONI
Psicoterapia della Gestalt e psicoanalisi relazionale in dialogo
a cura di Margherita Spagnuolo Lobb
RELAZIONI
Terapia della Gestalt, psicoanalisi moderna e infant research:
considerazioni sul tema
di Bernd Bocian
LA GESTALT IN AZIONE
Dall’here-and-now al now-for-next.
Un esempio clinico
di Margherita Spagnuolo Lobb
RACCONTI DALL’ESTERO
La terapia della Gestalt in Norvegia
di Daan van Baalen
STUDI E MODELLI APPLICATIVI
La linea della vita: una tecnica gestaltica
di Giuseppe Sampognaro
CONGRESSI
Momenti chiave in psicoterapia: empatia incarnata e concordanza intenzionale tra sviluppo e terapia
di Alessandra Salerno, Aluette Merenda
L’unione delle differenze
di Giulia Mellacca
Dalla coppia alla pòlis. Dialogo sui legami in una società liquida
di Annalisa Molfese, Giuseppina Salamone
RECENSIONI
Weber C., Wolf L. (2005), Al confine- Lore Perls e la terapia della Gestalt, Deutsche Vereinigung fur Gestalttherapie, Berlino
COMMEMORAZIONI
Addio a Barrie Simmons
di Riccardo Zerbetto
In memoriam: Richard Kitzler
di Dan Bloom

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Contenuti

L’evoluzione
della psicoterapia della Gestalt in Italia, tra figure e sfondi

Questo numero di Quaderni di Gestalt segna due cambiamenti impor- tanti nella storia della Rivista: la pubblicazione con la casa editrice Franco Angeli, e l’inclusione nel comitato scientifico dei direttori di altri Istituti italiani.

Sono particolarmente fiera del passaggio ad una casa editrice che stimo e con cui collaboro da tempo. Grazie a questa iniziativa, i contenuti della Rivista saranno indicizzati nei principali motori di ricerca e godranno di una maggiore visibilità scientifica.
L’altro cambiamento riguarda il momento culturale, favorevole al dialogo, che le scuole di psicoterapia della Gestalt attraversano in Italia. L’atteggiamento di chiusura che per anni ha caratterizzato la vita degli Istituti, teso a valorizzare il lavoro interno a ciascun centro di formazione, la- scia il posto ad un più coraggioso e meno narcisistico rischio di confronto. Dal congresso internazionale del 2002, organizzato a Napoli da me e da Antonio Ferrara (Ferrara, Spagnolo Lobb, 2008), in cui per la prima volta due istituti di corrente opposta tentavano un avvicinamento, i segni di questa apertura sono maturati, fino ai convegni del 2008: quello romano della FISIG1 a febbraio e quello torinese della SIPG2 a ottobre, in cui si è respira- to un clima decisamente più aperto all’altro.
La diversità sia teorica che metodologica tra gli istituti italiani è ben no- ta: il nostro Paese ospita da una parte la corrente “californiana” che fa capo a Claudio Naranjo, dall’altra ha dato i natali, prima di qualsiasi altra scuola, all’Istituto di Gestalt HCC, i cui lavori ermeneutici sul testo di Perls Hefferline e Goodman (1951) sono stati apprezzati in tutto il mondo come un modello di evoluzione “possibile” del nostro approccio. Queste differenze, lungi dall’essere considerate un problema, sono state viste nei decenni pas- sati come un fiore all’occhiello: la fiducia appassionata nell’emergere della figura, nella forza creativa dell’io, fa parte del nostro DNA. Laddove un rogersiano dice: “Ti capisco, è difficile per te opporti a tuo padre”, un gestaltista dice: “Non hai il coraggio di opporti a tuo padre, vediamo se sei capa- ce di opporti a me”. Così, per questo amore appassionato per la ribellione (d’altra parte, l’idea da cui è nata la psicoterapia della Gestalt e l’aggressione dentale, Perls, 1942), le differenze tra di noi sono diventate enormi; ci siamo vantati di essere cani sciolti, di snobbare ciò che fa il vicino, abbia- mo dimostrato di “avere coraggio” davanti a chi potrebbe essere competitivo. Forse ad un certo punto ci siamo accorti che una ribellione fine a se stessa non basta per fare contatto.

La tendenza a dire: “Io faccio la vera gestalt” si basa sulla cecità ingenua di chi crede di essere l’unico meritevole. La bravura e l’originalità dei lavori sviluppati negli scorsi decenni dagli psicoterapeuti della Gestalt italiani è rimasta, pertanto, quasi sconosciuta ai colleghi. Occorre innanzitutto conoscerci, per riconoscerci, e poi occorre avere il coraggio di vedere la bellezza del vicino, più che il coraggio di opporsi a lui.
L’affermazione delle differenze è stato un must della società post- moderna. In un mondo senza punti di riferimento e senza dei, l’essere diversi diventa un valore divino (Spagnolo Lobb, 2009a): per dimostrare che non ci sono dei, noi stessi dobbiamo diventare dei. Ma oggi, nella società “liquida” della globalizzazione, il sentire sociale non è più proteso all’autonomia e all’autorealizzazione. “Sii te stesso”; “Liberati dal legame con i tuoi genitori”; “Fà le cose per te stesso, non per gli altri”. Questi erano gli slogan di tre decenni fa. Oggi non c’è nulla di certo: l’integerrimo vicino di casa potrebbe essere un terrorista, la scuola non è più un luogo sicuro per i nostri figli, e l’epilogo di una tranquilla passeggiata potrebbe constistere nell’essere falciati da una macchina guidata da un ventenne ubriaco; perfino dell’aria che respiriamo non c’è da fidarsi. I contatti non sono più scontati, ciò che apprendiamo non è più la nostra sicurezza di base. Lo sfondo è insicuro. Nello stesso tempo, le possibilità comunicative sono illimitate e finiscono per compensare la mancanza di relazioni contenitive. Per esempio, un bambino torna a casa da scuola con l’eccitazione di alcuni compiti da fare in cui deve mettere in pratica ciò che ha appreso. Questa eccitazione ha un buona probabilità di diventare ansia se non c’è un adulto vicino che lo incoraggi nel momento in cui incontra una difficoltà. Il bambino tuttavia può comprare un cellulare in Australia tramite internet o fare amicizia con un anziano signore della Tailandia. L’infinita possibilità di comunicazioni, unita all’insicurezza dello sfondo, crea il senso di “liquidità” (Bauman, 2000), in cui perfino sentire il proprio respiro può dare ansia, e lo zapping – anche nelle relazioni – è l’apparente soluzione.

Parlare di integrazione delle differenze oggi è difficile. Questo concetto chiave nella psicoterapia della Gestalt degli anni ’70 presuppone il vissuto di uno sfondo chiaro e di confini definiti. “Ho visto la tua Gestalt, alcuni aspetti mi piacciono e forse li utilizzerò, ma sono contento della mia Ge- stalt”. Il paradigma dell’integrazione – integrare nella propria esperienza una parte dell’altro – appartiene ad una prospettiva intrapsichica e presup- pone una solidità percepita dello sfondo e una chiarezza della figura (ricor- date la preghiera gestaltica “Io sono io e tu sei tu…”).
Un sostituto relazionale del paradigma dell’integrazione oggi può essere il paradigma del “sentirsi a casa in terra straniera” (Spagnuolo Lobb, 2009b), la capacità di respirare in un terreno insicuro superando il senso di estraneità al mondo. Dobbiamo imparare (e insegnare ai nostri pazienti) delle abilità che appartengono allo sfondo: sentirci a casa in un mondo in cui non abbiamo radici. Così come non ha senso oggi incontrarci tra colleghi sostenendo l’aggressione che fa opporre una figura ad un’altra, non ha senso curare i di- sturbi d’ansia, gli attacchi di panico, i PTSD, le nuove dipendenze sostenendo l’aggressione che fa opporre il paziente a qualcun altro. Il sentirsi a casa in terra straniera implica l’incontrarsi nella terra di nessuno, in cui è possibile co-creare un’esperienza imprevedibile, fluida, cangiante.
Se si esce dalla logica del “vinca il migliore” per entrare nella prospetti- va estetica che ci fa cogliere il fascino, ci si accorge che l’altro è una terra interessante da scoprire, e che la nostra passione può farci identificare con ciò in cui crediamo ma non impedirci di essere curiosi sui nostri colleghi.
Con questo spirito è stato costruito questo numero di Quaderni di Gestalt. Nella sezione “dialoghi” troverete due articoli. Il primo, a cura di Giuseppe Sampognaro, è un dialogo tra alcuni direttori di Istituti italiani, che fanno parte del comitato scientifico, sull’evoluzione della psicoterapia della Gestalt nel nostro Paese. Il secondo articolo è la trascrizione di una tavola rotonda dialogica tra esponenti della psicoterapia della Gestalt, della psicoanalisi relazionale e dell’infant research.
Nella sezione “Relazioni” è pubblicato un lavoro inedito di Bernd Bo- cian, che continua il tema del dialogo tra psicoterapia della Gestalt, psicoa- nalisi moderna e infant research.
La sezione “La Gestalt in azione” vuole portare il lettore nel vivo del nostro metodo, con la pubblicazione di verbatim di sedute o discorsi prettamente clinici. Questo numero ospita la trascrizione di una mia seduta, che realizza il concetto clinico del now-for-next, a me caro.

I “Racconti dall’estero” sono affidati in questo numero a Daan van Baa- len, che ci parla della psicoterapia della Gestalt in Norvegia.
Nella sezione “Congressi” ospitiamo tre report scritti da allievi e didatti: Alessandra Salerno e Aluette Merenda ci parlano del convegno organizzato dall’Istituto di Gestalt HCC Italy a Palermo con Daniel Stern sui Key Moments in psicoterapia; Giulia Mellacca ci racconta il congresso internazionale di Madrid; e Annalisa Molfese e Giuseppina Salamone raccontano del convegno svoltosi a Siracusa “Dalla coppia alla pòlis. Dialogo sui legami in una società liquida”, con Bob Lee.
In questo numero sono stati recensiti: il film documentario su Laura Perls prodotto dai colleghi tedeschi in occasione del centenario della sua nascita (Maria Mione e Betti Conte); il libro Arnheim, Gestalt and Art. Una teoria psicologica, di I. Verstegen (Georges Wollants); il libro Patchwork narrativi. Modelli ed esperienze tra identità e dialogo, a cura di Angela Maria Di Vita e Valeria Granatella (Margherita Spagnuolo Lobb).
Infine, in memoria di due colleghi che ci hanno lasciato, Riccardo Zerbetto scrive un omaggio a Barrie Simmons, e Dan Bloom un omaggio a Richard Kitzler.
Ringrazio tutti coloro che hanno collaborato per la realizzazione di questo numero e, in particolare, Giuseppe Sampognaro e Jlenia Baldacchino, con cui ho condiviso gran parte di questa avventura.
Mi auguro che tutti, sia lettori che autori, riusciremo a cogliere la sfida dei tempi, andando al di là della logica individualistica che sostiene l’opposizione competitiva tra figure, per sperimentare un dialogo che crei uno sfondo condiviso, da cui lasciare emergere le nostre diversità.

Margherita Spagnuolo Lobb
Direttore Istituto di Gestalt HCC Italy
Siracusa, giugno 2009

Questo numero apre la nuova edizione dei Quaderni di Gestalt pubblicati dalla casa editrice Franco Angeli. Offre un interessantissimo dialogo tra gli Istituti italiani di Gestalt, caratterizzati da differenze teoriche e metodologiche, ma anche tra la psicoterapia della Gestalt e altre scuole di pensiero e di ricerca, come la psicoanalisi relazionale e l’infant research. Al di là del bisogno di differenziazione, spesso competitiva, si fa dunque spazio un coraggioso, originale  e creativo confronto che, consentendo di uscire dalla logica del “vinca il migliore”, offre l’opportunità di cogliere il fascino del vicino, di accorgerci che l’altro è una terra interessante da scoprire, di poter essere curiosi dell’altro, di “sentirsi a casa in terra straniera”. Ed è proprio tale clima di apertura che caratterizza e pervade gli articoli presenti in questo volume, offrendo al lettore numerosi spunti di riflessione per una pratica clinica sempre più consapevole ed efficace.
L’augurio è che “…tutti, sia lettori che autori, riusciremo a cogliere la sfida dei tempi, andando al di là della logica individualistica che sostiene l’opposizione competitiva tra figure, per sperimentare un dialogo che crei uno sfondo condiviso, da cui lasciare emergere le nostre diversità” (dall’editoriale di Margherita Spagnuolo Lobb).