Definizione concentrazione

Da concentrare, deriv. di centro, col pref. con-., dal latino centru(m), che è dal greco kéntron, propr. ‘pungiglione, punta’, poi ‘centro’.

“Consiste nel focalizzare l’attenzione su qualche aspetto della propria esperienza: la respirazione, una sensazione, un’emozione, un’immagine, qualcosa di esterno, come un suono, ecc.” (Macaluso, 2013, p. 120).

“Perls sottolinea la necessità di concentrare l’attenzione […] sulla tensione, o blocco o inibizione, muscolare. Definisce questa messa a fuoco dell’attenzione ‘terapia di concentrazione’: termine che adotta, dandogli molto credito, da Reich. […] In luogo dell’‘associazione libera’, da lui definita un approccio dispersivo, fortuito, di ‘fuga delle idee’, egli invita il paziente ad assumere uno stato simile alla meditazione: uno stato di attenzione concentrata, di più elevata consapevolezza dell’assenza o dell’inibizione, o forse dell’eccesso, della funzione in questione, intendendo generalmente l’aggressività. […] Questo mutamento di indirizzo metodologico estremamente fecondo è di fatto un nuovo ampliamento dell’approccio reichiano, non una sua semplice applicazione” (Wheeler, 1992, p. 58).

“L’evitamento è la caratteristica principale della nevrosi ed è ovvio che la concentrazione è il suo opposto. Ma, si tratta naturalmente di quella concentrazione sull’oggetto che, in accordo con la struttura della situazione, richiede di diventare figura. In parole semplici: dobbiamo affrontare i fatti. La psicoterapia significa: assistere il paziente nell’affrontare quei fatti che nasconde a se stesso. La psicoanalisi descrive il processo in questo modo: le libere associazioni condurranno automaticamente ai problemi inconsci a causa della loro attrazione magnetica; oppure, la pressione degli istinti è abbastanza forte da raggiungere la superficie, benché spesso in modo distorto e per sentieri laterali. La psicologia della Gestalt, probabilmente lo formulerebbe così: la gestalt nascosta è così forte che deve essere esposta in primo piano, soprattutto mascherata sotto forma di sintomo o altra espressione. Non dobbiamo perdere il filo che conduce dal sintomo alla Gestalt nascosta. Il metodo delle libere associazioni è inaffidabile e si presta facilmente a tutti i tipi di evitamento. Con la concentrazione sul sintomo rimaniamo nel campo (benché alla periferia) della Gestalt repressa. Perseverando in tale concentrazione, lavoriamo verso il centro del campo o ‘complesso’; durante questo processo incontriamo e riorganizziamo gli evitamenti specifici, per esempio le resistenze” (Perls, 1995, p. 201).

“La maggior parte delle persone intendono con concentrazione uno sforzo deliberato. In realtà questo è un tipo di concentrazione ‘negativo’, sconsigliabile. La concentrazione perfetta è un armonioso processo di cooperazione conscia e inconscia. Nel senso comune, la concentrazione è una pura e semplice funzione dell’Io, non sostenuta da interesse spontaneo. Essa è identificata con il dovere, la coscienza o gli ideali, ed è caratterizzata da intense contrazioni muscolari, da irritabilità e da un tale sforzo che produce stanchezza e provoca nevrastenia e perfino esaurimenti nervosi. E’ artificiale e negativa, perché manca il supporto naturale (organismico). […] La concentrazione positiva è descritta nel modo migliore dalla parola fascino; qui l’oggetto occupa il primo piano senza nessuno sforzo, il resto del mondo sparisce, il tempo e i dintorni cessano di esistere; non sorge conflitto interno o protesta contro la concentrazione quando sono impegnati in qualche lavoro interessante o in un hobby. Poiché ogni parte della personalità è temporaneamente coordinata e subordinata a un solo scopo, non è difficile capire che questo atteggiamento è alla base di ogni sviluppo” (ibidem, p. 200).

“Chiamando la tecnica delineata in questo libro terapia della concentrazione, volevo esprimere due fatti: 1) La concentrazione è il più efficace ‘mezzo attraverso cui’ si può curare il disturbo nevrotico e paranoico. Il ‘vantaggio’ è quello negativo della distruzione del disturbo. 2) La concentrazione è anche ‘un vantaggio’ in se stessa. E’ un atteggiamento positivo, che è accoppiato al sentimento di salute e di benessere. E’ l’indizio per eccellenza di un completo olismo. L’arte della concentrazione vi fornisce un importante strumento per lo sviluppo della vostra personalità. […] Perciò è necessario riconoscere l’importanza, la struttura e l’applicazione della concentrazione” (ibidem, p. 284).

“Nel periodo iniziale della psicoterapia della Gestalt, negli anni Quaranta e Cinquanta, la concentrazione costituisce la pietra miliare della metodologia gestaltica. Isadore From, che fece psicoterapia con Perls per un anno e mezzo nella seconda metà degli anni Quaranta, racconta che la tecnica utilizzata con lui da Perls per tutto il tempo della terapia consisteva nell’invitarlo a focalizzare l’attenzione sulla sua esperienza momento per momento e a descrivere tutto ciò che sperimentava, iniziando ogni frase con le parole ‘qui e ora’ (cfr. Rosenfeld, 1987). E quando all’interno del gruppo newyorchese dei fondatori della psicoterapia della Gestalt si pose il problema di cercare un nome per il nuovo approccio da essi elaborato, Perls propose di chiamarlo ‘terapia della concentrazione’. In Teoria e pratica della terapia della Gestalt la concentrazione è indicata come la tecnica di base della psicoterapia della Gestalt. E il primo volume dell’edizione originaria dello stesso libro presenta una serie di tecniche ed esercizi di concentrazione finalizzati a sviluppare la consapevolezza. La fiducia che gli autori di Teoria e pratica della terapia della Gestalt ripongono nella concentrazione è tale che essi arrivano a suggerirne l’uso nel trattamento dei disturbi psicosomatici, oltreché delle crisi d’ansia e di alcune forme di depressione (cfr. Perls, Hefferline e Goodman, 1997, p. 440). Secondo gli stessi autori, l’efficacia della concentrazione come metodica terapeutica deriva dalla funzione creativa della consapevolezza, che si attiva con la concentrazione stessa” (Macaluso, 2013, pp.121).

“Prestate attenzione a tutte le vostre esperienze, a quelle ‘interne’ come a quelle ‘esterne’, quelle astratte e quelle concrete, quelle che tendono verso il passato e quelle che tendono verso il futuro, quelle che ‘desiderate’, quelle che ‘dovete’, quelle che semplicemente ‘sono’, quelle che intraprendete deliberatamente, quelle che sembrano avvenire spontaneamente; nel corso di ogni esperienza, senza eccezione alcuna, ripetetevi: ‘ora sono consapevole che…’. Da un punto di vista filosofico, questo tipo di pratica costituisce un tirocinio di fenomenologia: il fatto di rendervi conto che il succedersi dei vostri pensieri, la vostra esperienza superficiale – qualunque altra cosa essa sia o significhi – è in primo luogo qualcosa di esistente a pieno diritto” (Perls, Hefferline e Goodman, 1997, p. 354).

“Perls, Hefferline e Goodman, infine, rilevano, al di là delle differenze, una sostanziale somiglianza tra la tecnica della concentrazione e le libere associazioni. Essi affermano: «Verbalizzare: ‘Ora sono consapevole che…’, ogniqualvolta si compie un’esperienza, è analogo alla libera associazione freudiana, la quale, infatti, si prefigge di sciogliere i modi abituali dello sperimentare e tende a rendere disponibili, come indica la nostra capacità di verbalizzarle, tutte quelle esperienze che normalmente ignoriamo o non sentiamo» (1997, p. 355). Il flusso di ‘materiale’ che emerge attraverso la libera associazione e il flusso di esperienze che scaturisce dalla concentrazione sono, per gli autori di Teoria e pratica della terapia della Gestalt, processi analoghi” (Macaluso, 2013, pp. 122).

“La concentrazione gestaltica e la mindfulness sono moderne applicazioni della meditazione in ambito clinico. La prima costituisce la tecnica di base della psicoterapia della Gestalt, così come è stata concepita dai suoi fondatori. La seconda ha trovato efficace applicazione nel trattamento di tutta una serie di patologie mediche di tipo cronico e di vari disturbi psichiatrici. Nonostante alcune importanti differenze sul piano applicativo, queste due tecniche meditative hanno molti punti in comune. Ambedue mirano a sviluppare la consapevolezza piena del momento presente e a mobilitare le risorse interne che da essa emergono spontaneamente. Tali risorse, che tutti possediamo, ci permettono di cambiare, di crescere, di guarire. Secondo Daniel J. Siegel (2009), che ha studiato i correlati neurofisiologici della meditazione mindfulness, coltivare la capacità di prestare attenzione al momento presente favorisce lo sviluppo delle regioni prefrontali mediali del cervello, che hanno importanti funzioni integrative, basilari per il benessere fisico e mentale delle persone” (ibidem, p. 119).

Bibliografia

Macaluso M.A. (2013). “Concentrazione gestaltica, mindfulness e processi integrativi del cervello” in: Cavaleri P.A. (a cura di). Psicoterapia della Gestalt e neuroscienze. Dall’isomorfismo alla simulazione incarnata, Milano: FrancoAngeli, 119-135.

Perls F. (1995). L’Io, la fame, l’aggressività, Milano: FrancoAngeli.

Perls F., Hefferline R.F., Goodman P. (1997). Teoria e pratica della terapia della Gestalt. Vitalità e accrescimento nella personalità umana, Roma: Astrolabio.

Rosenfeld E., a cura di (1987), “Storia orale della psicoterapia della Gestalt. Parte II: conversazione con Isadore From”, Quaderni di Gestalt, 5: 11-35.

Siegel D.J. (2009). Mindfulness e cervello, Milano: Raffaello Cortina Editore.
Wheeler G. (1992). Che cos’è la terapia gestaltica, Roma: Astrolabio.

Hanno contribuito alla redazione della voce:
Resp. di redazione – Silvia Tinaglia
Collaboratori (in ordine cronologico) – M. Albino Macaluso